Nel giorno della marmotta

Nell’eterno giorno della marmotta che si ripete sempre uguale (vi ricordate la sveglia di Bill Murray nel film “Ricomincio da capo”?) la vita di clausura inizia pian piano a starmi comoda. Al diciottesimo giorno di isolamento la casa da soffocante è diventata un piccolo nido, la convivenza forzata un valzer leggero fra gli spazi che sempre di più garantisce intimità e silenzio a tutti. E così la nuova routine si trasforma una rassicurante maratona verso sera costellata da appuntamenti fissi, con qualche momento d’aria sul balcone a guardare lo splendido glicine che sta fiorendo in cortile. Ci si abitua a tutto, anche a stare rintanati, che poi oggi è una condizione da privilegiati, non dimentichiamolo. E chissà che da tutto questo non si riesca anche a imparare qualcosa. Ecco qualche riflessione in stile adagio per non far passare questo tempo di mezzo invano, consapevole della tragedia umana e economica che stiamo vivendo ma che tralascio. Ne stiamo già leggendo tutti parecchio.

La vita in streaming è rutilante com’era quella dal vivo. Fra lezioni di yoga, riunioni on line, tour virtuali fra i monumenti, dibattiti digitali, rassegne di film d’essai, podcast e tutorial di cucina si finisce per non avere un momento libero neanche in quello che è stato chiamato “il tempo ritrovato”. Qualcuno l’ha per caso ritrovato? Qualcuno sta effettivamente approfittando di questa sospensione per leggere un capolavoro immortale? Me lo chiedo perché dal mio piccolo osservatorio – continuo a lavorare a distanza, quindi ho le giornate abbastanza occupate – fra video-chiamate, corsi online, aperitivi in streaming ed esperimenti culinari arrivo a sera che mi resta l’energia solo per un sudoku. Invece di goderci vuoto e silenzio per pensare, leggere, amare, riposare, abbiamo riprodotto online la stessa frenesia della nostra vita reale. Riflettiamo.

La vita in streaming ha sfrondato il superfluo. Le riunioni su Zoom hanno un tempo massimo di connessione, superato andrebbero riconvocate: questo le rende più produttive. Si va subito al punto per chiudere la discussione in 45 minuti, che per un gruppo superiore a due è già una bella conquista. Anche in tv le parole sono più misurate, intervengono gli scienziati e i medici che alla polemica preferiscono i numeri. Penso a quando torneremo alla vita normale: forse un po’ di tempo lo possiamo recuperare da lì, riducendo il parlarsi addosso, le ripetizioni, le risse verbali, le eccessive rassicurazioni… e dalla voglia di recuperare il silenzio di queste giornate fuori dal tempo. Oggi ci sembra assordante, domani lo rimpiangeremo.

La clausura ci costringe a vivere con quello che abbiamo. Vestiti, libri, dischi, oggetti, perfino il cibo stipato nella credenza da mesi: la quarantena è la rivincita del riciclo, del rammendo, del riuso. Di fronte all’impossibilità di comprare nuove merci ci si arrangia come si può, scoprendo (forse) che le nostre case sono pozzi senza fondo di cose che possono ancora essere utili: abiti che non sappiamo neanche più di avere, libri che non abbiamo ancora letto, film ancora incartati nel cellofan… Che da questa situazione si possa uscire tutti un po’ meno spreconi?

La clausura ci renderà più selettivi, almeno spero. La privazione di tutto dovrebbe averci aiutato non solo a distinguere il superfluo dal necessario, ma anche a riconoscere quello che amiamo di più. Io sto già pensando a quello che farò appena apriranno i cancelli e realizzo quali sono le cose che veramente mi mancano. Quali sono i ristoranti che mi fanno venire l’acquolina e quali gli amici che non vedo l’ora di riabbracciare, i quadri che vorrei tornare a rivedere di corsa, i giardini dove vorrei passeggiare. Forse andremo tutti più adagio, e non solo perché avremo imparato a goderci di più il nostro tempo, ma perché saremo più bravi a scegliere come usarlo. Temo che quando la vita tornerà alla normalità il tempo libero sarà un bene ancora più prezioso.

Chiudo con un ultimo spunto: l’incertezza del domani rende impossibile progettare il futuro, anche prossimo. Una vertigine, certo, se si pensa al fatto che non sappiamo quando ne usciremo, una liberazione se invece si guarda al piccolo tran tran quotidiano. Forse questa vita incastrata nella giornata della marmotta che si ripete sempre uguale è capace di regalarci anche un po’ di sollievo dall’ansia di pensare sempre al domani, lasciandoci vivere per una volta nel tempo presente. Benché angosciante. Riflettiamo.

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