Dimenticate il telefono, l’orologio e gli impegni che aspettano la vostra attenzione. Predisponetevi ad avere pazienza, curiosità e tempo. Perché la mostra di Bill Viola a Palazzo Reale (fino al 25 giugno) è un esercizio adagissimo che mette alla prova qualunque visitatore frettoloso. Ma vale lo sforzo. Anzi, di più: aiuta a realizzare quanta fatica facciamo a concentrarci più di qualche secondo di fronte a un’opera d’arte. Il consiglio, quindi, è di prenderla subito con il piede giusto. Sapendo che i video sono tutti i slow motion e che un’azione che nella vita reale durerebbe una manciata di secondi Viola la ditata fino a dieci minuti in una sequenza di immagini impercettibilmente diverse l’una dall’altra, tutte esteticamente impeccabili. Quindi mettervi comodi – ci sono molte sedute distribuite nelle sale buie – e, con calma, lasciate che le storie scorrano al rallentatore, svelando via via espressioni del volto, dettagli e stati d’animo impossibili da cogliere a un primo sguardo.

Si comincia con Catherine’s Room, nella prima sala (foto grande), una sequenza di cinque schermi che riprendono ognuno un gesto quotidiano di Catherine nella stessa stanza, in cinque momenti diversi della giornata. Ogni inquadratura sembra un quadro di Vermeer, ricordandoci la terribile esperienza del lockdown quando le quattro mura di casa contenevano tutte le nostre vite, dal mattino alla sera. Bellissima anche la serie Four Hands in bianco e nero – una successione di gesti compiuti dalle mani di diverse generazioni – e Ocean Without a Shore viaggio fra la vita e la morte di una galleria di persone comuni: emergono dal buio per venirci incontro e, una volta attraversata una cascata d’acqua, entrano confusi nella luce per poi scomparire di nuovo nel buio.

Una sintesi della tecnica di Viola, e della temperanza che ci vuole per infilarsi nelle sue storie, è A Quintet of the Silent: apparentemente immobili, cinque uomini sono travolti da un’emozione legata a un evento a noi sconosciuto. Lentamente i loro volti cambiano espressione fino alla deflagrazione del dolore, che ognuno vive a modo suo. Stessa cosa in The Raft dove un gruppo eterogeneo di uomini e donne in attesa di qualcosa – un autobus? – vengono colpiti all’improvviso da un getto violentissimo d’acqua, un diluvio, un idrante (non è chiaro) che sconvolge la scena, gettandoli a terra. Il video dura più di dieci minuti e il bello arriva piano piano, mentre si osservano la reazione dei personaggi che cercando di resistere alla catastrofe in un esercizio di resilienza che da sempre contraddistingue l’essere umano.
Chi saprà attendere avrà la sua ricompensa. Che è quella di entrare nelle pieghe delle emozioni umane, di toccare da vicino i sentimenti più semplici che ci legano gli uni agli altri dall’origine del tempo. Viola è un maestro indiscusso. Da vedere.
very slow!
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