Ci sono quadri che da soli valgono il biglietto di una mostra, quadri con il potere di incantare e commuovere, che non si dimenticano facilmente. E’ il caso dell’Ultima cena di Procaccini, rilettura barocca del più celebre Cenacolo vinciano, tela monumentale che per la prima volta da quando è stata dipinta, nel 1618, scende ad altezza occhi per un insolito incontro faccia a faccia con lo spettatore. Trovarsela davanti, con le figure umane grandi il doppio del naturale, senza vetri di protezione, letteralmente a portata di mano, è un’emozione che toglie il fiato.
Smontata dalla controfacciata della basilica della Santissima Annunziata del Vastato a Genova dove normalmente è di casa, l’opera è reduce da un lungo restauro nei laboratori della Venaria Reale appena concluso. Ma prima di tornare a più di dieci metri da terra, nella chiesa ligure, il quadro ha fatto una tappa a Milano per la bella mostra “L’ultimo Caravaggio – Eredi e nuovi maestri” alle Gallerie d’Italia fino all’8 aprile dove si offre al pubblico in un allestimento molto spettacolare: preceduta dal bozzetto preparatorio e affiancata a un video che ne racconta il restauro, la tela è appoggiata senza cornice alla parete di fondo di una sala vuota. Così vicina da mostrare ogni dettaglio: i volti espressivi di Gesù e degli apostoli, le mani che gesticolano, il paesaggio che fa da sfondo, probabilmente inventato, fino alla maldestra aggiunta di pittura fatta nel 1686 quando il quadro fu spostato dal refettorio (sua naturale collocazione) alla controfacciata e adattato a una nuova cornice.
La mostra poteva sembrare una costola di quella appena conclusa (con grande successo) a Palazzo Reale su Michelangelo Merisi, invece vive benissimo di vita propria e vale una visita, proponendo un’interessante riflessione sul lascito del grande maestro della luce nella storia artistica di tre città, Milano Napoli e Genova, tra il 1610 e il 1640 a partire dal Martirio di Sant’Orsola, ultimo quadro che Caravaggio dipinse nel 1610 prima di morire.