Non sappiamo più aspettare il tram neanche cinque minuti senza ammazzare il tempo guardando il cellulare. Non sappiamo più aspettare il nostro turno alla cassa del supermercato senza innervosirci (e di nuovo attingere al pozzo infinito di distrazioni che è il nostro telefono). Non sappiamo più camminare per strada senza contemporaneamente fare altro (scrivere un sms?). Non sappiamo più viaggiare in treno semplicemente guardando fuori dal finestrino. Non sappiamo più stare fermi su una panchina senza far nulla. Non abbiamo più la pazienza (e la voglia) di guardarci intorno mentre un amico sta facendo ritardo.
Insomma: non sappiamo più aspettare. Non tolleriamo di avere dei momenti morti, liberi da impegni e doveri, tempi sospesi in cui l’unica risorsa cui possiamo attingere è noi stessi, i nostri pensieri, i nostri sogni, la nostra immaginazione. E allora riempiamo ogni interstizio fra un’azione e l’altra con qualcosa che ahimè il più delle volte è il nostro smartphone, in una connessione continua e ossessiva che coincide con una disconnessione continua a sé, perennemente trasportati altrove e mai nel tempo presente. Abbiamo dimenticato il piacere di usare quel tempo di mezzo per lasciar svuotare la testa che, al contrario, riempiamo continuamente di nuovi stimoli, non sempre meritevoli della nostra attenzione.
Fate caso a tutte le volte che prendete in mano il telefono per colmare un’attesa. Contatele, e chiedetevi se non avreste potuto usare meglio il vostro tempo. Anche solo per pensare.
Foto di kelvin balingit on Unsplash
Ahimè come hai ragione… persino in questo preciso istante è col telefono che mi sono collegata, e sono sull’autobus.
Colpita e affondata.
Passo e chiudo.
"Mi piace""Mi piace"
Ti capisco, danno pesante dipendenza
"Mi piace""Mi piace"