Se lo dice perfino la Tate Modern non dobbiamo più sentirci in colpa: le visite ai grandi musei possono essere sfiancanti, spesso le facciamo di corsa e pressati dal bisogna di non saltare nemmeno una didascalia arriviamo all’uscita stremati e così pieni di emozioni da non ricordare nemmeno che cosa ci è piaciuto di più. Ma non molliamo: l’imperativo è quello di vedere tutto e la visita si trasforma in una maratona forzata che – hanno calcolato i ricercatori – prevede una permanenza media davanti a ciascuna opera d’arte di otto secondi. OTTO SECONDI. Lo scrivo di nuovo perché è un dato pazzesco. Che cosa vediamo in otto secondi? Niente. E allora perché non usiamo lo stesso tempo per vedere meno cose ma meglio?

La soluzione si chiama slow looking e la Tate Modern ne ha fatto una bandiera, pubblicando sul sito internet perfino una guida che aiuta a godersi una sola opera alla volta della sterminata collezione custodia sulle rive del Tamigi, senza l’angoscia di perdersi qualcosa e senza il pensiero opprimente delle sale ancora da vedere. La tesi, condivisibile e alquanto ovvia se non fosse che nessuno riesce a metterla in pratica, è che per capire un quadro bisogna passarci del tempo davanti. Guardando cosa? Intanto guardandolo, che è già metà dell’impresa. Prestando attenzione a quel che evoca, alle forme e ai colori, alla prospettiva, alle pennellate, alla luce, al materiale con cui è stata realizzata e così via… In sintesi dando il tempo ai dettagli di prender forma e alla nostra anima di assimilarli.

All’estero è già un movimento, in Italia ancora non se ne parla, ma il successo delle visite guidate a un capolavoro che organizzo da qualche mese mi dice che sto andando nella direzione giusta. Sono nate per lettori di questo blog ancora prima di sapere dell’esistenza dello slow looking, coniugando la voglia di approfondimento che un ritmo più lento pretende alla mia insofferenza di fronte a mostre gigantesche che richiedono non solo un tempo che spesso non ho ma anche una concentrazione che oggi è difficile mantenere. L’idea allora è quella di focalizzare l’attenzione verso una sola opera d’arte, un quadro iconico che merita un approfondimento, ma anche quella di proporre un’esperienza che dia allo spettatore la possibilità di sperimentare direttamente il potere di stare davanti a un dipinto per un tempo dilatato.
Se non avete ancora provato non perdete il prossimo appuntamento, il 19 giugno alle 18.30 con Caravaggio, il maestro della luce, e uno dei quadri simbolo della Pinacoteca di Brera, La cena in Emmaus. A spiegarlo sarà Stefano Zuffi, critico d’arte e curatore di mostre, insegnante e divulgatore, persona molto preparata, che sa appassionare il pubblico con racconti mai scontati. Perché il bello delle visite guidate di adagiourbano è che le guide sono sempre speciali! E quando riesco le visite sono perfino fuori orario. La partecipazione alla visita del 19 giugno è su prenotazione e costa 25 euro (compreso il biglietto del museo). Se siete interessati scrivetemi a teresa.monestiroli@gmail.com e vi do tutte le informazioni che servono.
Foto grande di Christian Fregnan