Cari ristoratori,
so che i clienti possono essere terribili, vittime di tic e nevrosi che manderebbero ai matti un santo, che alcuni avventori sono maleducati e strafottenti, che i turni di lavoro sono faticosi, il caldo dà alla testa, la cucina non sempre è veloce come dovrebbe e le lamentele ricadono sempre sui camerieri, so che trovare il personale giusto è difficile, ma niente giustifica la scortesia e l’inesperienza di un servizio improvvisato: il cameriere è il vostro front office, come dicono gli americani, non per niente numeri uno al mondo nel servizio al cliente, e il nostro giudizio dipende anche dall’interazione con loro, breve ma sostanziale per la riuscita di una serata.
Quindi, se non escono dalle scuole alberghiere – comunque non sufficienti a coprire il servizio degli oltre 2000 locali della città – motivateli (anche economicamente!) e assicuratevi che conoscano le regole di base, che vengono perfino prima del conoscere i piatti del menù e del servire il vino al calice portando la bottiglia al tavolo (è una cosa che non mi dà pace), valide anche per chi vuole di trasformare il bistrot nel soggiorno di casa, caldo e informale. Prima: il sorriso. E’ semplice, non costa niente ma fa la differenza. La seconda: l’attenzione. Bastano pochi minuti al tavolo, ma dedicati, a cambiare il corso di un’intera serata, la scelta giusta del vino e del piatto. Il cameriere impaziente e frettoloso che di fronte alla nostra indecisione se la dà a gambe per tornare al tavolo 15 minuti più tardi non va bene. Terza: la discrezione. Sarò all’antica ma il cliente è un estraneo e anche se il cameriere è giovane e hipster, anche se è simpatico e a fine serata scambia due parole con noi, non deve intromettersi nelle nostre conversazioni, giudicare chi paga o chiederci di finire quello che abbiamo lasciato nel piatto.
Il turn over del personale è sfinente, lo so bene. Mia madre ha gestito un ristorante per oltre 20 anni e l’ho sentita lamentarsi decine di volte di aver perso un ragazzo che aveva appena imparato a muoversi fra i tavoli, ma la buona cucina e le sperimentazioni degli chef non sono sufficiente a farci tornare (salvo rare eccezioni!): forse vale la pena prestare un po’ di attenzione in più a chi mandate in sala.
Grazie
Foto di Kate Townsend