Røst, un bistrot moderno dai sapori antichi

In questa malinconica Milano chiusa per quarantena non ci resta che mangiare, unica socialità senza restrizioni, approfittando del deserto di questi giorni – è brutto a dirsi ma è così – per provare quei ristoranti dove è difficile, se non impossibile, andare. E così l’altra sera, in piena psicosi da contagio, mi sono avventurata in un’irriconoscibile via Melzo per mangiare da Røst, un nuovo bistrot che avevo nel mirino da settimane dove per ben tre volte non avevo trovato posto. Per fortuna perché mi ero già decisa a rinunciare – non c’è niente da fare, non riesco ad abituarmi alla necessità di prenotare con anticipo anche una qualunque cena per due – invece è un locale interessante: via di mezzo fra enoteca e bistrot, è un ristorante informale e allegro, scaldato da pareti rosse color del vino, tavolini di marmo verde e poltroncine di velluto in tinta.

Cuore del progetto – gestito da tre giovani che insieme non fanno 100 anni – è il vino naturale proveniente da piccoli produttori di nicchia che lavorano solo in maniera biologica, che si può bere al bicchiere anche al banco, per un dopo cena: 200 le etichette in lista e 12 vignaioli presenti di cui è disponibile l’intera produzione. Poi c’è il cibo: poca scelta da una lista di piatti che preferisce il modello “in condivisione” alla tradizionale divisione in antipasti primi e secondi. Il menu cambia spesso, seguendo la stagionalità degli ingredienti frutto di un’accurata ricerca sul territorio e preferendo la verdura e i tagli poveri della carne (cervella, fegato, lingua e diaframma). Pochi piatti di pesce, anche qui quello povero come il baccalà, nessun primo che per me è una mancanza enorme, ma posso soprassedere. Basta saperlo e non aspettarsi niente di diverso, anche se ammettiamolo un piatto di spaghetti non si nega a nessuno. Il risultato è una serata piacevole, senza pretese, in un locale curato nei dettagli (il progetto è di Vudafieri-Saverino) che non vuole strafare, dove la cucina è capace di resuscitare sapori e ricette della tradizione alleggerendo i piatti per renderli digeribili anche dallo stomaco delicato dell’avventore del Terzo Millennio.

Aggiungo una nota sul nome perché è una bella storia, poco conosciuta: nel 1431 Pietro Querini, patrizio veneziano produttore di Malvasia, salpò da Creta verso le Fiandre a bordo di una nave carica di vino, spezie e altre mercanzie. Superato Capo Finisterre (in Bretagna) fu sorpreso da ripetute tempeste e la nave andò alla deriva per mesi, trasportata dalla corrente fino all’isola deserta di Sandøy, nell’arcipelago norvegese delle Lofoten. L’equipaggio resistette per undici giorni sulla costa, fino a quando fu avvistato dai pescatori della vicina isola di Røst, che lo soccorse ospitandolo per 4 mesi. Durante questo periodo Querini scoprì i metodi di essicazione, conservazione e preparazione del merluzzo. Nel 1432 ripartì alla volta di Venezia, dove importò l’uso dello stoccafisso, chiamato baccalà, che riscosse subito grande successo. E che in lista da Røst immagini non mancherà mai.

Røst, via Melzo 3, chiuso domenica e lunedì a pranzo

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