Dopo aver corso contro il tempo per anni, inseguendo un’agenda dai ritmi impossibili perfino per il milanese più imbruttito, ho iniziato a concedermi il piacere di rinunciare. Fare a meno di fare qualcosa a cui tengo, seppur a malincuore, per avere più tempo per godermi altro, scoprendo che il verbo rinunciare non ha solo l’accezione negativa della sconfitta e della privazione. Perché rinunciare significa anche scegliere e, di conseguenza, selezionare, darsi delle priorità sapendo che possono cambiare a seconda delle giornate e delle circostanze, dei viaggi, dei posti in cui siamo, delle persone con cui abbiamo deciso di passare il tempo, del lavoro arretrato che ci perseguita, dei progetti in corso, dell’umore e delle aspettative.
E il bello di scegliere è che dipende (quasi) solo da noi, almeno nelle piccole cose. Ma tante piccole cose alla fine non sono la nostra vita di tutti i giorni? Non fanno la qualità delle nostre giornate? L’abbiamo capito in queste settimane di isolamento in cui siamo stati privati di tutto tranne che degli affetti più intimi, costretti ad azzerare le nostre attività e quindi a rinunciare a ogni cosa – non per scelta ma per ordinanza – senza la gioia di cui sopra. Ora siamo pronti a ripartire, facciamolo con un po’ di autocritica riconoscendo che non tutto quello che davamo per scontato prima del Covid era poi così necessario, non tutto ci piaceva poi così tanto. Vista l’incertezza del futuro che per ora sappiamo solo porterà ristrettezze economiche per molti, approfittiamo di un lento riavvio per ristrutturare almeno un po’ le nostre giornate. Imparando a selezionare per vivere con meno per vivere meglio. Buona ripresa!
Foto grande di Mike Benna