Doppietta giapponese per chi ama il genere con una mostra e un libro che consiglio di consumare insieme per amplificare il potere lenitivo di un racconto che con le immagini e con le parole sa toccare argomenti importanti con lievità. Una full immertion che rasserena, ridando fiato e chiedendo tempo per guardare con più attenzione nei dettagli o fra le righe, evocando emozioni comuni e suggerendo interpretazioni convergenti di un mondo lontano mille miglia da noi.

La prima è la mostra “Kakemono. Cinque secoli di arte giapponese”, allestita al Museo delle culture di Lugano, un’ottima scusa per una gita fuori porta a un’ora e mezza da Milano, perfetta per l’estate di prossimità e per scoprire la bellezza dei kakemono, che sono rotoli di carta e seta dipinti con colori naturali ad acqua (perfino un bianco ricavato da polvere di conchiglia) che i giapponesi esponevano a rotazione nella piccola alcova che in ogni abitazione veniva destinata al piacere della contemplazione (e alla cerimonia del the). A seconda della stagione, e delle occasioni speciali, i kakemono venivano sostituiti sollecitando riflessione diverse a partire dai simboli rappresentati, veicolo di messaggi esistenziali senza tempo come la caducità, la perseveranza, la fragilità, la bellezza che passa o la vita che sboccia. Le opere, esposte per la prima volta, sono parte della ricca collezione di un medico torinese, Claudio Perino, che dal 2000 ne è ossessionato e ne ha raccolte centinaia, direttamente dalle famiglie che nei secoli le hanno conservate.

Il secondo è il libro, per me arrivato prima, che non ho propriamente letto ma ascoltato in audiolibro proprio nei giorni in cui ho visto la mostra. Si intitola “Quel che affidiamo al vento” è di Laura Imai Messina, un’italiana che vive in Giappone, e racconta la storia surreale (ma vera) di una cabina del telefono installata nel giardino di Bell Gardia, settecento chilometri a nord di Tokyo, dove le persone che hanno perso qualcuno parlano con il mondo dell’aldilà. Un telefono per comunicare con i morti, insomma, che siano genitori o figli, mariti, mogli, amici…. affidando parole di amore e odio, rabbia, perdono e consolazione al vento che soffia di continuo in questa terra scoscesa sulla Montagna della Balena. Una storia semplice, ma intensa, che affronta il lutto con poesia, trasformando la geniale idea di un guardiano in una straordinaria terapia di massa.