Abbiamo guardato tutte le serie tv decenti disponibili sulle piattaforme, abbiamo fatto ginnastica e yoga on line, abbiamo brindato virtualmente all’anno nuovo e a tutti i compleanni di amici e parenti degli ultimi undici mesi. Abbiamo ascoltato podcast e audiolibri, preparato pizze, torte di mele e golose paste al forno. Siamo stati ore al telefono con amici lontani e ore davanti alla tv con la speranza di sentire finalmente una buona notizia. E ora? Come passeremo le settimane (o forse i mesi) che ancora ci separano dall’agognata libertà?
Un’idea controcorrente potrebbe essere quella di imparare a non fare niente, uno degli obiettivi più difficili nella società iperattiva in cui viviamo. Chissà, forse questa lunga sospensione dalla nostra quotidianità ci darà lo stimolo per avventurarci in una strada ignota come quella che porta alla consapevolezza di sé. Che senza scomodare la meditazione orientale, e nemmeno la più prosaica mindfulness occidentale, è semplicemente lo stare nel qui e ora ascoltando prima di tutto il proprio corpo. E quindi anche le ansie che chiudono lo stomaco, le tensioni che irrigidiscono le spalle e il dolore dietro a bulbi oculari sovraccarichi di lavoro. Senza paura. Perché per sciogliere i nodi del corpo (e della mente) prima di tutto bisogna guardarli, riconoscerli, accettarli.
Vi propongo un esercizio che una psicologa consigliò al pubblico in uno dei primi incontri “adagio” che ho organizzato due anni fa: a stare seduti in silenzio per quindici minuti (meglio 30) senza fare niente. Senza guardare il cellulare, senza controllare le mail, senza ascoltare la musica, senza leggere, senza parlare con qualcuno. Semplicemente lasciando che i pensieri scorrano liberamente nella direzione in cui decidono di andare; aspettando che il battito del cuore rallenti e trovi il suo equilibrio naturale; dando spazio ai dubbi e alle preoccupazioni, ma anche ai ricordi, ai propositi e ai sogni a occhi aperti. Insomma cercando di capire meglio come stiamo e provando a liberare un po’ la testa. Chissà che questa sciagura del Covid non ci aiuti almeno a tornare in contatto con noi stessi. Sarebbe un’enorme conquista.