La felicità secondo Lartigue

“Ciò che mi interessa è l’istante presente, bisogna trovare ogni giorno il modo di essere felici”, Jacques Henri Lartigue. Preparatevi a sorridere davanti alla leggerezza contagiosa delle fotografie di un grande protagonista del Novecento che è riuscito ad attraversare il secolo breve senza scattare neanche un’immagine di guerra e di dolore. Per scelta, certo, forse anche per pudore visto che quasi tutta la sua carriera, trascorsa in gran parte fotografando per hobby, l’ha dedicata a collezionare ricordi privati per album di famiglia, istanti della vita di tutti i giorni intrisi appunto di vitalità, gioia e spensieratezza. Attimi di felicità.

Se cercate una spinta per ripartire con un pizzico di spensieratezza non perdete “Jacques Henri Lartigue. L’invenzione della felicità”, ricca personale che il Museo Diocesano dedica al fotografo francese autodidatta cresciuto nella Parigi della Belle epoque (1894-1979). La citazione che avete letto all’inizio di questo post vi accoglierà all’ingresso, dando ai visitatori la chiave di lettura con cui immergersi nei 120 scatti (55 sono inediti) di un enfant prodige che ha cominciato a scattare a 7 anni, raccontando la vita della ricca borghesia parigina cui apparteneva, dalle vacanze al mare ai gran premi automobilistici. Nel 1963, quando aveva già 69 anni, il suo talento fu scoperto dal Moma di New York che gli dedicò la prima personale, segnando il momento della svolta. Infine l’incontro con il fotografo di moda Richard Avedon e gli anni del successo quando arriva il colore e, fra ritratti di registi e uomini politici, lo sguardo di Lartigue non cambia, restando sempre attaccato alla sua idea non superficiale di leggerezza.

Dopo un anno di pandemia la mostra – curata da Denis Curti insieme a Donation Jacques Henri Lartigue – è una boccata d’aria che aiuta a ricordarsi quanto sia importante “trovare ogni giorno il modo di essere felici”. E se vi pare troppo, accontentatevi di trovare un modo per sorridere almeno una volta al giorno, pescando nel serbatoio delle piccole cose di tutti i giorni come un fratello che gioca a fare il fantasma, una tata che lancia in aria un pallone, una moglie che ti sorride mentre fa pipì… Bel monito, molto adagio, che mi ha fatto venire voglia di riascoltare la ballata di Annie Lennox “A thousand beautiful things”. Bastano le prime due strofe: “Every day I write the list of reasons why I still believe they do exist – (A thousand beautiful things) – And even though it’s hard to see the glass as full and not half empty – (A thousand beautiful things)”. Da ascoltare.

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