Il secolo della solitudine

L’esperimento è stato ripetuto più volte, perché i ricercatori erano increduli. E ogni volta è andato a finire nello stesso modo. Un topo di tre mesi, isolato in una gabbia per quattro settimane, riceve la visita di un altro topo. Gli scienziati che riprendono la scena si aspettano che il primo topo, quello che era dentro da solo, accolga il nuovo arrivo con gioia, o almeno con curiosità: finalmente, dopo tanto tempo, avrà un po’ di compagnia. Invece succede l’opposto: dopo aver scrutato con attenzione il nuovo ospite, il primo topo si drizza sulle zampe posteriori e comincia ad attaccare ferocemente, con una violenza inaspettata.

Vi ricorda qualcuno? E’ possibile che i due anni che abbiamo passato, rintanati nelle nostre case ci abbiano reso aggressivi quanto quel topo? E’ possibile. Certamente la pandemia ha cambiato il nostro modo di rapportarci agli altri, le nostre interazioni lavorative, le nostre relazioni sociali. Non è detto che sia per sempre, anzi, ma dipenderà da noi far sì che la situazione non degeneri in una guerra fratricida; dipenderà da noi tenere a bada l’impoverimento emotivo legato al distanziamento sociale e allo smart working, ma ahimè iniziato prima e continuamente alimentato dalla tecnologia.

Se, come me, siete preoccupati per il futuro che ci aspetta dovete leggere “Il secolo della solitudine” di Noreena Herzt (Saggiatore), da cui arriva l’esperimento del topo, perché troverete un sacco di informazioni interessanti. Alcune note, altre meno. Ma lette tutte di fila sono parole che mettono i brividi. Pagina dopo pagina, infatti, si capisce che il mondo – in particolare lei parla di Stati Uniti e Inghilterra – ha imboccato una strada pericolosa e che molte delle scelte che abbiamo fatto in questi ultimi dieci anni non potranno che peggiorare la nostra vita. Qualche esempio? In America esistono già delle persone che vengono pagate per tenere compagnia a ore, e ho detto compagnia perché non si tratta di sesso, ma proprio di fare qualcosa insieme ad un’altra persona. In Giappone ci sono donne anziane che si sentono così sole da arrivare a farsi arrestare pur di avere un po’ di compagnia in carcere. Sempre in America ci sono delle aziende hanno cominciato a fare selezione del personale attraverso colloqui virtuali comandati da algoritmi; in Corea del Sud è esplosa la moda del mukbank, la pratica di mangiare guardando video di persone che ingeriscono un enorme quantità di cibo; le bambole robot sono entrate nella case dei single per fargli compagnia….

I dati e le ricerche citate sono tantissime, tutte documentate da oltre cento pagine di note. Su tutte quella che ha dimostrato gli effetti della solitudine sul nostro corpo (mette le nostre cellule in allerta, generando così uno stato di infiammazione perenne) e quella che ha calcolato il numero medio di volte in cui controlliamo il cellulare: 221 al giorno, che si traduce in tre ore e un quarto di utilizzo medio giornaliero. Facciamo attenzione perché il nido caldo dove ci stiamo rifugiando (e siamo già fortunati ad averlo!) potrebbe ritorcersi contro e finire per inglobarci in una solitudine abissale.

Foto di Norbert Kundrak

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